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lunedì 30 novembre 2015

Pagamento delle imposte in contanti, tra norme e paradossi

Il limite di 1.000 euro verrà variato dalle modifiche alla normativa antiriciclaggio, previste dall'articolo 1, comma 512, Legge di Stabilità 2016, approvato dal Senato e in discussione alla Camera. La citata legge prevede di innalzare dal 2016 il limite dell'uso del contante da 999,99 euro a 2.999,99 euro.
L’innalzamento del limite, però, riguarderà solo i trasferimenti di denaro effettuati a qualsiasi titolo, tra soggetti diversi (articolo 49, comma 1, decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231) ma non il pagamento dei modelli F24.
Questo significa che anche l’anno prossimo continuerà il divieto di pagare gli F24 cartacei in contanti (ex lege si parla non solo di contanti ma anche di assegni e bancomat) per importi superiori a 999,99 euro. Per gli F24 da 1.000 in su, l’unico metodo è, e sarà, quello di utilizzare il servizio home-banking.
Si ricorda che questo vale per i “non titolari di partita iva” e per tutti coloro che comunque non vantano in F24 dei crediti in compensazione. Per questi infatti il canale di pagamento è sempre e comunque solo l’F24 online; alternativa è affidare l’invio (con addebito sul conto corrente) ad un commercialista (che utilizza il canale telematico Entratel).
Tornando ora alla possibilità per i privati (che non vantano crediti in compensazioni) di pagare l’F24 in contanti si può aggiungere che il limite di 1.000 euro è riferito al saldo del singolo F24.
Siccome, a ben vedere, nessuna norma vieta esplicitamente il pagamento di diverse imposte aventi stessa scadenza con diversi F24 è ipotizzabile la presentazione allo sportello di più F24 con singoli saldi inferiori alla soglia dei 1.000 euro. In questo modo sarebbe possibile pagare in contanti le diverse imposte che in totale superano la soglia ora citata.
Ad onor del vero, e per completezza espositiva, preme sottolineare che l’uso (o forse dovrei dire l’abuso) di questo sistema potrebbe essere eccepito come abuso del diritto. In sostanza si potrebbe eccepire al contribuente che ha pagato le imposte (sembra ridicolo ma è così) di aver architettato questo sistema al solo fine di aggirare il divieto di uso del contante e aver quindi cercato di evitare di tracciare il pagamento delle imposte.
www.studio-alessio.it

domenica 15 novembre 2015

Tassate in Italia le società estere se esterovestite

L’articolo 73 del Tuir identifica tra i soggetti passivi Ires anche le c.d. società «esterovestite».
Al comma 3 dell’articolo 73 del Tuir si riconosce come residente (fiscalmente) in Italia il soggetto estero in base, alternativamente:
·         alla sede legale
·         a quella amministrativa o
·         all’oggetto principale
se tutto questo va comunque provato dall’amministrazione finanziaria, al comma 5-bis, si presume, in questo caso con inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, la residenza dei soggetti esteri che controllano società ed enti residenti in Italia se, alternativamente:
1.       sono controllati anche indirettamente da soggetti residenti in Italia;
2.       prevedono un organo amministrativo composto prevalentemente da soggetti residenti in Italia.
Secondo quanto indicato dalla Guardia di Finanza (circolare del 2008), gli accertamenti si basano fondamentalmente su:
·         residenza degli amministratori,
·         controllo della presenza all’estero degli amministratori residenti in Italia in occasione delle riunioni (biglietti, ricevute di alberghi);
·         presenza o meno di amministratori “di professione”, schermo di una reale gestione dall’Italia. Sono emersi in sede di controllo amministratori residenti fuori dai confini italiani che “riuscivano” ad amministrare centinaia di società sparse in diversi stati;
·         la corrispondenza (fax o e-mail);
·         il luogo di stipula dei contratti e
·         l’accensione di conti correnti in Italia.
Per potersi difendere, il contribuente, oltre al problema legato ai punti precedenti, dovrà dimostrare che:
·         gli amministratori esteri hanno elevato grado di autonomia gestionale;
·         la sede estera è strutturata e dispone di utenze e possibilmente di dipendenti;
·         la società estera adempie regolarmente ai relativi obblighi contabili e fiscali;
·         la localizzazione estera è dettata da ragioni economiche e non è il risultato di un disegno puramente fiscale.
Secondo le sentenze della Ctr Milano 18 aprile 2013 n. 59 e della Cassazione 7 febbraio 2013 n. 2869 non sussiste esterovestizione in assenza di vantaggi fiscali e secondo la sentenza della Ctr Roma 1694/41/14 non esiste esterovestizione in caso di costruzioni di mero artificio.
A tale riguardo la Cassazione (sentenza n.43809/2015 relativa al caso Dolce e Gabbana) ha affermato il principio secondo cui “in ipotesi di controllo ex articolo 2359 C.c., l’esterovestizione non dipende da impulsi gestionali o direttive amministrative della controllante italiana alla controllata estera, ma è dirimente che quest’ultima non sia una costruzione di puro artificio; in tal senso si può fare riferimento alla semplice nozione di ufficio contenuta nell’articolo 162 Tuir (stabile organizzazione)”. Con la conseguente possibile tassazione della stabile organizzazione ….

martedì 3 novembre 2015

Recesso di socio da società di persone o da srl

L’osservatorio societario del Consiglio notarile dei distretti riuniti di Firenze, Pistoia, Prato ha rilasciato alcuni principi di comportamento tra cui uno inerente il recesso del socio. I notai studiano nel dettaglio il caso di recesso da società di persone e da società a responsabilità limitata.
Secondo il Consiglio notarile sopra citato i soci di società di persone e di s.r.l. possono convenire che uno di essi receda dalla società, anche se non si è verificata nessuna causa legale.
Nel caso di recesso da società di persone, la liquidazione della quota del socio socio può essere effettuata distribuendo:
·         le riserve oppure
·         riducendo il capitale sociale,
nel primo caso la cessazione ha efficacia immediata mentre nel caso di riduzione del capitale sociale trova applicazione l’articolo 2306 del Codice civile. Questo significa che la delibera di riduzione del capitale sociale può essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal giorno della sua iscrizione nel registro delle imprese; sempre che nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione faccia opposizione.
Per completezza espositiva si deve evidenziare che nel caso in cui avvenga uno scioglimento convenzionale del rapporto sociale di un socio di società semplice, il recesso è sempre immediatamente efficace.
Nel caso invece di recesso di socio di s.r.l la liquidazione della quota può essere effettuata utilizzando riserve disponibili, o, in mancanza, riducendo il capitale sociale, fermo il diritto di opposizione dei creditori sociali.
I notai fiorentini fanno notare che, in questo caso, la determinazione del valore di liquidazione della partecipazione del socio uscente non deve essere compiuta  in ossequio al caso di recesso ex lege. Tutto questo perché non ricorre una causa legale di recesso.
Questo significa che quindi è possibile convenire convenzionalmente l’importo da liquidare al socio recedente.